Dopo la crisi politica innescata dal partito di maggioranza relativa e le dimissioni del Governo Draghi, molti si interrogano sul destino del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Alcuni – come Salvatori Rossi – ritengono che la crisi politica non possa che avere conseguenze negative sull’attuazione del PNRR e sugli andamenti economici di breve periodo. Altri, non soltanto tra i responsabili politici dei partiti che hanno aperto la crisi, i quali comprensibilmente cercano di minimizzarne le conseguenze, ma anche tra i giuristi, manifestano ottimismo: perché sono stati già raggiunti gli obiettivi previsti per il primo semestre; perché, inoltre, la direttiva impartita dal Presidente del consiglio ai ministri il 21 luglio scorso fornisce precisi orientamenti per far sì che gli altri obiettivi previsti per l’anno in corso siano raggiunti. Effettivamente, il perimetro di azione definito dalla direttiva è più ampio rispetto al solito. Essa stabilisce che il governo rimane impegnato, oltre che nel disbrigo degli affari correnti, “nell’attuazione legislativa, regolamentare e amministrativa” del PNRR, nonché del piano nazionale per gli investimenti complementari. Così, il governo può adottare atti e provvedimenti riguardanti specifici obiettivi, anche intervenendo nei giudizi in corso dinanzi ai giudici amministrativi che riguardano le opere finanziate dal PNRR, com’è accaduto recentemente per il nodo ferroviario di Bari. In base alla direttiva, il governo può adottare atti generali, come i regolamenti, nel caso in cui il procedimento di approvazione sia già in una fase avanzata. Può predisporre i decreti legislativi che richiedono l’approvazione delle commissioni parlamentari, per esempio nel settore della giustizia civile e penale.
Può, altresì, esaminare i disegni di leggi collegati all’attuazione del PNRR, sollecitando – così – il Parlamento a legiferare. Tuttavia, l’interpretazione rassicurante prima richiamata non tiene nel debito conto due limiti che si pongono all’azione governativa: il primo riguarda la politica, l’altro l’amministrazione. Il primo limite si manifesta proprio in rapporto ai decreti legislativi e ai disegni di legge. Per quanto concerne i decreti legislativi, il parere delle commissioni parlamentari in alcuni casi è rinforzato, sul piano giuridico. Può comportare la necessità di modificare il testo predisposto in sede governativa. Quanto appena osservato vale, a maggior ragione, per gli interventi previsti dal PNRR per i quali il Parlamento deve legiferare. In alcuni casi, è stato possibile raggiungere un accordo tra le forze politiche. È il caso della riforma della giustizia tributaria, grazie alla legge approvata in via definitiva dalla Camera il 9 agosto. In altri casi, invece, l’accordo è stato trovato, ma al prezzo dell’esclusione di alcune parti politicamente controverse, come quella riguardante i taxi, che è stata stralciata dal disegno di legge relativo alla concorrenza. Ci si può chiedere, quindi, quale sarà la reazione delle istituzioni dell’Unione europea, cui spetta verificare il raggiungimento degli obiettivi sanciti dal PNRR. Riterranno che gli impegni assunti siano stati conseguiti solo in parte e, quindi, ridurranno le risorse finanziarie destinate al nostro paese? Dubbi ancor più seri sorgono per l’attuazione delle disposizioni della legge sulla concorrenza concernenti le concessioni balneari, che vanno attuate mediante decreti legislativi entro l’anno: il prossimo governo deciderà di proseguire lungo il percorso iniziato o di abbandonarlo? Dunque, sebbene la direttiva del Presidente Draghi abbia fatto tutto il possibile per mettere in sicurezza l’attuazione del PNRR, la crisi politica produce incertezza. L’incertezza è accentuata dalle difficoltà che si frappongono alla realizzazione di numerosi interventi in sede amministrativa. Nella relazione predisposta dal sottosegretario Garofoli, è stato puntualmente documentato il conseguimento degli obiettivi (ben 45) che richiedevano l’adozione di regolamenti e leggi. Ma, com’è noto, il problema principale delle riforme amministrative riguarda l’attuazione quotidiana da parte dei vari uffici ed enti pubblici. Da questo punto di vista, assume una precisa importanza l’osservazione formulata dalla sezione della Corte dei conti che effettua il controllo sulla gestione delle amministrazioni statali. Nella relazione da poco pubblicata sullo stato di attuazione del PNRR nel primo semestre dell’anno, la magistratura contabile ha confermato il raggiungimento degli obiettivi sul piano formale, ma non ha mancato di segnalare alcune criticità sul piano sostanziale.
Pur se la situazione delle amministrazioni centrali è “sostanzialmente positiva”, osserva la Corte, alla maggior disponibilità di risorse non corrisponde necessariamente “il miglioramento delle capacità amministrative e di spesa”. Per esempio, se alcune amministrazioni persisteranno nello stabilire nei bandi termini non adeguati, sorgeranno “contenziosi che potrebbero impedire la realizzazione degli obiettivi previsti”? E soprattutto gli enti locali dispongono di personale ben addestrato per la gestione degli interventi previsti? Oltre tutto, il quadro di riferimento si è modificato rispetto alle previsioni iniziali, determinando – come la stessa Corte dei conti ha osservato – “l’emersione di elementi di incertezza legati in particolare al rincaro delle materie prime”, con un inevitabile impatto negativo sui costi necessari per la realizzazione dei progetti. L’incertezza non manca, quindi, di riflettersi sulle previsioni sull’andamento dell’economia, cui si è fatto riferimento all’inizio. In conclusione, l’attuazione del PNRR può evolvere in vari modi. La situazione ricorda un celebre racconto di Borges, il giardino dei sentieri che si biforcano, contraddistinto da una continua differenziazione dei possibili futuri. Il quesito finale è se, dopo aver chiesto – diversamente da altri partner europei – tutte le risorse messe a disposizione dall’UE, cioè sovvenzioni e prestiti, riusciremo a mantenere gli impegni presi e, così, a cogliere la formidabile, forse irripetibile, occasione di sviluppo che si prospetta per l’Italia.